lunedì 3 dicembre 2012


Questa sarà una settimana particolare.
Domani rientro in azienda per iniziare un lavoro che mi voglioni affidare (rilevare e scrivere le procedure dell'unità commerciale in modo da inserirle nel sistema ISO).

Venerdì torno allo Studio ORA di Parma per la seconda giornata di formazione (vedi post precedente...).

Il tutto pervaso dallo studio della matematica (a proposito il 18 dicembre alle ore 9,00 ho la prova preselettiva; se volete divertirvi un po' copiate nel vostro browser questo indirizzo: http://concorsodocenti.miur.it/esercitatore.php?sersel=20&)

Procedure commerciali di un'azienda ortofrutticola e Teorema di Liouville per la costruzione di numeri trascendenti, sono senza dubbio due cose molto distanti.

Studiare matematica mi permette di distaccarmi dalla realtà e mi porta serenità e tranquillità.
Ma non posso dire che mi si torcono le budella dall'interesse e dalla passione.

A questo proposito mi è riaffiorato un ricordo relativo alla terza media.
Al termine degli esami la professoressa di lettere, consigliò ai miei genitori di farmi fare il liceo classico e pi studi umanistici.
Finì per fare lo scientifico, ingegneria e poi matematica.

Capisco che per me oggi studiare matematica (e passare il Concorso) è la possibilità concreta di poter insegnare (cosa che invece mi prende molto) ai ragazzi.

Insegnare non solo frazioni, equazioni o funzioni ma insegnare ad essere uomini, ad avere speranza nel futuro e fiducia in sè stessi. Voglia di sognare un mondo migliore e capacità e volontà di provare a realizzarlo. Insomma è l'uomo e la sua avventura che mi affascina. E questo potrebbe essere un modo per viverla.

Inoltre insegnare mi permette di uscire dal sistema della produttività e del profitto.
Non ne posso più di pensare ce il mio lavoro è quello di vendere di più e meglio.
Non me ne frega niente di vendere a qualcuno qualcosa. Non voglio vendere. Voglio promuovere, sostenere, sviluppare, uomini nuovi, aprire nuove possibilità e strade nuove per costruire pezzi di mondo nuovo.
Questo voglio fare. Dentro di me sento che è questo che volgio fare.

 L'insegnamento potrebbe offrirmi la possibilità di farlo.

Qualcuno che la sa lunga
mi spieghi questo mistero:
il cielo è di tutti gli occhi,
di ogni occhio è il cielo intero.
E’ mio, quando lo guardo.
E’ del vecchio e del bambino,
dei romantici e dei poeti,
del re e dello spazzino.
Il cielo è di tutti gli occhi,
e ogni occhio, se vuole,
si prende la Luna intera,
le stelle comete, il sole.
Ogni occhio si prende ogni cosa
e non manca mai niente:
chi guarda il cielo per ultimo
non lo trova meno splendente.
Spiegatemi voi dunque,
in prosa o in versetti,
perché il cielo è uno solo
e la Terra è tutta a pezzetti.
(Gianni Rodari)
 






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