Ieri ho fatto il quizzone del concorsone!
Alle 9,00 nell'aula di informatica dell'istituto Montanari eravamo in 25.
Io ero tra i 2 o 3 più anziani.
La maggioranza erano ragazzi tra i 25 e i 35 anni.
Vicino a me erano sedute due ragazze che insegnano in scuole materne parificate, alle mie spalle un insegnante di francese, di fronte a me un insegnante di inglese.
Da quello che ho potuto capire ero l'unico che non stava già insegnando.
Tutto era organizzato in maniera impeccabile, gli assistenti e i "controllori" gentilissimi, i PC
funzionavano perfettamente.
Siamo passati in 5 su 25 ( e a livello nazionale in poco più di 82.000 su oltre 320.000).
Ho provato sincero dispiacere per quei ragazzi che da anni stanno già insegnando come precari e che rimarranno ancora precari fino al prossimo concorso.
Ora inizia il concorso vero: a febbraio scritto di matematica e a maggio/giugno orale.
Ed io ora dovrò oscillare (sobbalzo, saltello, rimbalzo...) tra procedure operative e limiti di funzioni, tra mansionari e derivate.
Devo dire che più vado avanti in questa avventura più mi appassiono e mi sento attratto dalla prospettiva di tornare ad essere un insegnante.
Anche se onestamente nutro piccolissime speranze di successo. Soprattuto allo scritto.
Ieri sera, prima di addormentarmi ho avuto la consapevolezza, per la prima volta, che non è importante se farò o meno grandi cose, nella mia vita.
Non è da questo che si potrà valutare l'esito positivo, o meno, di come avrò vissuto.Si è fatta largo
l'idea che posso lasciare la opprimente convinzione di essere destinato a fare qualcosa di speciale, abbandonare l'ansiosa spinta a dover per forza essere eccezionale e che invece posso vivere una vita normale, semplice, quotidiana.
Che forse è proprio nelle pieghe di questa semplicità del quotidiano che si nasconde la felicità.
E che ciò che conta è solo amare ed essere amati.
Ecco: se c'è un'eccellenza da raggiungere questa è proprio quella dell'Amore.
Dare tutto se stesso per la donna che si ama, per i propri figli, per i propri famigliari, per i propri (pochi) amici, per la comunità nella quale si vive.
Non è importante che lavoro si fa, quanto si guadagna, che livello sociale si raggiunge, quanto si conosce, quanto si possiede, che fama o successo si ha raggiunto.
No, non è importante tutto questo.
E' ora di lasciare che i morti seppelliscano i propri morti ed aprirsi ad accogliere la novità.
https://www.youtube.com/watch?v=14QSezeYMvE
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