ovvero le avventure itineranti di un vagabondo nell'oceano della cassaintegrazione (prima) e dell'individuazione (ora)
venerdì 15 febbraio 2013
Mentre ripassavo la storia della quadratura del cerchio, mi sono imbattuto in questi versi di Dante che chiudono la divina commedia.
Dante sta contempando Dio e per descrivere il suo tentativo di comprendere come la natura umana possa stare nella natura divina usa proprio l'immagine del matematico che cerca di misurare l'area del cerchio attraverso l'area di poligoni inscritti.
Bellissimo!
Qual è 'l geomètra che tutto s'affige
per misurar lo cerchio, e non ritrova,
pensando, quel principio ond' elli indige,
tal era io a quella vista nova:
veder voleva come si convenne
l'imago al cerchio e come vi s'indova;
ma non eran da ciò le proprie penne:
se non che la mia mente fu percossa
da un fulgore in che sua voglia venne.
A l'alta fantasia qui mancò possa;
ma già volgeva il mio disio e 'l velle,
sì come rota ch'igualmente è mossa,
l'amor che move il sole e l'altre stelle
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